- Walter De Stradis
- Sabato, 03 Novembre 2018 09:04
POTENZA, 30 OTTOBRE, è il suo onomastico: 43 anni, il sacerdote potentino Gerardo Lasalvia è Bibliotecario della Diocesi di Potenza, proto-notaio del Tribunale Ecclesiastico, parroco di Scalera (frazione di Filiano, Pz), normalmente “di stanza” alla chiesa di San Rocco nel capoluogo. E’ anche socio della Deputazione di Storia Patria, docente di Storia della Chiesa, di Letteratura Moderna e di Cristologia all’Istituto di Scienze Religiose del seminario di Potenza. Ha insegnato a La Sapienza di Roma e a Philadelphia negli Usa. A Potenza si occupa anche della conversione degli adulti non cattolici stranieri (di lingua francese, inglese e araba).
Come giustifica la sua esistenza?
Sinceramente non ho mai dato alcuno “scopo” alla mia esistenza. So che sono figlio di Dio, e il mio obiettivo è capire questa cosa.
Il suo libro s’intitola “Di Potenza generale – Biografia semplice di san Gerardo la Porta”. Mi incuriosisce questo “semplice”.
Innanzitutto il mio non è un libro di storia, bensì di “cattolicesimo”. Le fonti su San Gerardo, come tutte quelle medioevali, sono piuttosto vaghe, pertanto ho cercato di esemplificare il personaggio, tratteggiandone un profilo completo, ma accessibile e si spera chiaro.
Appunto: pare che molti Potentini abbiano una visione un po’ sfocata del Santo, specie a seguito della faccenda dei Turchi.
Per quel che ho capito, i Potentini non hanno per niente chiaro CHI sia stato realmente San Gerardo. Innanzitutto, sì, per la confusione mitologica dei Turchi: il professor Bonsera dice che è medioevale, ma a mio avviso la Parata è una “turchesca”, tipicamente settecentesca. All’epoca del Santo i Turchi se ne stavano tranquillamente a Baghdad, non si erano ancora mossi alla volta del Mediterraneo.
Ma non è una questione meramente storica, mi par di capire.
Il problema è che si sta perdendo di vista il perché Lui va “sentito” come Patrono. Viene banalmente visto come colui “che ha cacciato i Turchi”, ma il Patrono è un’altra cosa. E’ uno che dona la propria vita per trasformare la società in cui vive.
In che misura Gerardo la Porta trasformò Potenza?
San Gerardo a Potenza ci è venuto come PRETE, e non già per le Crociate, o perché era pellegrino etc.. Il suo primo biografo, Manfredi, il vescovo che gli successe, afferma che lui venne qui “a tenere scuola”. Ergo, a Potenza ce lo mandarono, probabilmente perché era un luogo barbaro. E quindi il Patrono ha dato la vita con la penitenza, insegnando il rispetto delle persone, soprattutto ai cavalieri, dando tutto se stesso, fornendo un’alternativa alla violenza della povertà, che c’era allora.
Cito i titoli di alcuni capitoli: “Integro di mente e di corpo”.
Sì, i titoli citano la biografia redatta dal vescovo Manfredi, probabilmente cresciuto con lui (siamo circa nel 1123). Gerardo era un uomo perfettamente razionale e di tempra sana.
“Energicamente riprendeva chi cadeva nella lussuria”.
Certo, siamo nel Medioevo: c’erano cavalieri che stupravano, il livello della “bestialità” nella sessualità era molto forte. Da qui il suo deciso intervento morale sulle relazioni umane, senza però negare l’amore: non dimentichiamo che anzi l’“amor cortese” nasce proprio da questi santi, che negano la lussuria e “angelicano” la donna.
“Il Beato Gerardo, uomo onorato di veneranda canizie, fu ritenuto degno dal clero e dal popolo potentino della Cattedra pontificale”.
Il popolo e il clero lo eleggono vescovo, come si faceva a quei tempi. L’arcivescovo di Acerenza (all’epoca il più importante) lo consacrò, nel 1111. In questi casi il Papa poi mandava un “placet”, cioè, quando si ricordava: sa, all’epoca non c’era Internet, e non era facile comunicare col Santo Padre (ride). “L’anno ottavo della sua ordinazione, rese l’anima a Dio, che il mondo perdeva”. Gerardo la Porta muore otto anni dopo essere diventato vescovo di Potenza, e muore santamente. Ci fu una serie di miracoli, primo fra tutti la trasformazione dell’acqua in vino, a Santa Maria. Dopo la morte, veniva invocato da chi era affetto da depressione (io stesso ho verificato che chi prega San Gerardo si sente meglio); il Manfredi racconta inoltre che apparve ad alcuni prigionieri –nel carcere di Santa Croce, attuale Piazza Crispi- e sciolse le catene di costoro, che poi si rifugiarono in Cattedrale, mettendosi sotto la protezione delle spoglie del Santo. E Manfredi li mandò “a casa loro”.
Quando divenne Patrono di Potenza?
Non vi sono atti ufficiali, ma sappiamo che quando vennero riesumate le sue ossa (nel 1250 e nel 1650), si parlava già di “Patronus”. E solo ai santi si faceva l’ispezione del cadavere.
A Potenza si dice spesso “San Gerardo pensaci tu”…
A noi un concetto fa fatica a entrare. Il Bene implica amare l’altro, e nel momento in cui tu ami l’altro, ci rimetti, anche. E’ questo il vero problema di Potenza, in tutte le relazioni, pubbliche e private. Il potentino ha un problema esistenziale, di debolezza nelle relazioni e quindi si chiude nel pregiudizio, nel giudizio sommario, o nel qualunquismo fine a se stesso. Il IX Centenario del Santo dovrebbe portare in auge un grande esercizio pedagogico: per far sì che le relazioni umane tornino alla donazione di se stessi.
Quindi questo Nono Centenario che ci apprestiamo a vivere nel capoluogo dovrà essere all’insegna…
…dell’emancipazione. Faccio un esempio: qui le associazioni spesso chiedono il contributo alla Regione, e nessuno dice: voglio rimetterci perché ci credo. QUESTO è ciò che ha fatto San Gerardo. Ci ha rimesso se stesso.
Abbiamo parlato di San Gerardo che riprendeva chi cadeva nella lussuria. Nel suo libro precedente, il romanzo “Pontificio Regionale”, ambientato nel seminario di Potenza, lei parlava diffusamente delle esperienze sessuali dei seminaristi. Le ha creato qualche problema quel lavoro?
Coi sacerdoti più giovani, non con gli anziani. Ha creato alcuni pregiudiziin chi non l’ha letto. Chi lo ha fatto lo trova bellissimo.
Lei è un sacerdote. Perché parlare del sesso degli aspiranti preti?
Mah, vede, in quel momento dovevo fare l’apologia della mia vita, e l’ho voluta fare chiarendo un concetto: spiritualità non vuol dire “castrazione” della persona. Io dico: un ragazzo di diciassette anni può fare un discernimento, per vedere se la carne e lo spirito sono da separare o se magari sono da leggere nel loro insieme? Quello è stato il mio discernimento: quello di un ragazzo di diciassette anni (io) che ha avuto tante cose strane nella sua vita, fra le quali la vocazione a diventare sacerdote. La più strana di tutte. Non posso rinnegare di aver avuto una fidanzata o di essere stato un esoterista.
Lei è stato un esoterista, mi dice. Esiste il diavolo?
Sì, ma non va sopravvalutato. Né sottovalutato. Il male lo facciamo noi, non lui. Lui ci dice solo che “chi cammina dritto, è fritto”. Non bisogna ascoltarlo.
Tornando alla sessualità. Com’è il “dopo”, cioè quando si diventa preti?
E’ una battaglia. Ci sono tre momenti, che ritengo molto umani. Subito dopo il sacerdozio, in preda all’euforia, è più facile cadere nella lussuria (che infatti va a braccetto col potere); alla mia età, invece, si sente molto di più il richiamo dell’amore e dell’affetto (io stesso ricerco molto l’amicizia di donne, soprattutto sposate, ma non affinché mi trattino da “amante”, bensì solamente come un uomo che vuole affetto); infine, quando si diventa anziani, il sacerdote diventa un uomo totalmente immerso nella preghiera (da questo punto di vista mi ricordo di don Vito Forlenza).
Oggi (30 ottobre), il capoluogo sarà consacrato alla Madonna di Viggiano. Da oggi possiamo dire di avere non uno, ma due “protettori”?
Non è così. Il concetto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria proviene dalla rivelazione della Madonna di Fatima, avvenuta nel 1917, quando annunciò che ci sarebbe stato un’altra guerra, in caso di non-conversione degli uomini al suo cuore. Ciò significa che il Bene è fondamentale per la civiltà. La cultura del sospetto, dello sfruttamento, della strumentalizzazione dell’altro: questa è l’inciviltà. Guardi, proprio sulla Madonna di Viggiano ho fatto una prolusione in consiglio comunale: Potenza è lo specchio della Basilicata, e questa fra cinquant’anni forse non ci sarà più. La città si sta arrugginendo, abbiamo molte strutture sociali, ma non abbiamo la capacità di creare la novità. C’è disoccupazione, povertà estrema (come parrocchie facciamo la spesa a intere famiglie affinché permettano ai figli di studiare), alcol, droga: ma il bene si può fare e lo stiamo già facendo. Sono commosso del fatto che quest’estate alcune famiglie abbiano invitato gli immigrati al mare, a casa loro. Non occorre essere cattolici per fare del bene, basta scommettere sul’amore. L’Immacolata è quindi amore, e bene puro.
La canzone che la rappresenta?
“A muso duro” di Pierangelo Bertoli.
Il libro?
A parte ovviamente il Vangelo, “Io, Robot” di Isaac Asimov e “I Demoni” di Dostoevskij.
Il film?
“L’Uomo senza volto”, di Mel Gibson. Un prete deve essere così.
Fra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua tomba?
Niente, perché vorrei essere sepolto in una fossa comune. Se ho avuto dei meriti, se ne ricorderà Dio.