- Antonio Nicastro
- Sabato, 15 Settembre 2018 10:00
Il tasso di razzismo in Italia è aumentato notevolmente, il linguaggio rude ed i provvedimenti messi in campo per contrastare l’arrivo di migranti vengono apprezzati da tante persone. I neorazzisti fanno di tutta l’erba un fascio. Oggi vi raccontiamo la raccapricciante storia di un ragazzo senegalese (28 anni) che vive, e lavora, in Basilicata. Si chiama Idy. Conosciamolo.
Cosa facevi nel tuo paese d’origine?
Provengo dalla regione di Casamanle. Lì è rimasta la mia famiglia. Insieme a mio padre e a mio fratello lavoravamo in un allevamento di mucche e coltivavamo campi di arachidi e mais. Mio padre per sfamare la famiglia si arrangiava anche praticando il commercio, con la sua bicicletta trasportava bidoni di petrolio dal Mali al Senegal. A maggio di quest’anno è morto, egli era un fervente credente della religione musulmana e ha trasmesso a noi figli i sani principi del vivere civile, rispetto per il prossimo e tanta solidarietà verso quelli più bisognosi di noi.
Quando sei venuto in Italia?
Sono sbarcato a Catania il 6 maggio 2014 dopo due giorni di viaggio su un gommone. Sono partito nel 2011, il mese non lo ricordo, sono passato dal Mali, qui mi sono fermato due mesi, ho cercato lavoro per potermi pagare il biglietto per proseguire il viaggio. Vivevo all’aperto in ricoveri di fortuna, ho accudito greggi di pecore. La situazione è diventata pericolosa per le incursioni di terroristi e tuareg e ho deciso di riprendere il viaggio. Sono andato in Burkina Faso: ho cercato lavoro, ma non avendolo trovato, dopo pochi giorni, ho proseguito il viaggio verso il Niger. Ho sostato tre mesi trovando lavoro come muratore, quando ho racimolato i soldi per pagarmi il viaggio mi sono spostato ad Agadez, ho intrapreso il viaggio con un fuoristrada per attraversare il deserto e approdare in Libia. Il viaggio è durato una settimana, durante il tragitto ci siamo smarriti, gli autisti hanno perso completamente l’orientamento, la carovana era composta da 5 fuoristrada, uno di questi si è ribaltato, c’è stato un morto e alcuni feriti, durante il viaggio un altro fuoristrada ha preso fuoco e tutti gli occupanti sono morti, sono rimasti tre fuoristrada a proseguire il viaggio; gli ultimi tre giorni prima di arrivare in Libia sono stati drammatici, l’acqua stava per finire ed è stata razionata, su ognuno dei fuoristrada con 30 persone a bordo c’era un solo bidone di acqua e bevevamo una volta al giorno, senza mangiare nulla, si viaggiava solo di giorno in quanto la notte potevamo essere assaliti dai terroristi. Attraversato parte del deserto libico siamo approdati nella città di elGatrum, ci siamo fermati tre giorni mangiando solo datteri. Qui è avvenuta una cosa molto brutta, i nostri accompagnatori ci hanno venduto agli scafisti: è avvenuta una vera e propria compravendita, ci hanno caricati su dei camion e siamo stati portati nella cittadina di Sebah, qui siamo stati tenuti prigionieri: nella prigione c’erano dei cartelli su cui c’era scritto: “se paghi esci, se non paghi esci quando muori”.
Quando tempo si rimane in quel “carcere”?
Ho trovato persone che erano lì da sei mesi e qualcuno anche da oltre un anno.
E per tornare liberi quanto bisogna dare agli aguzzini?
400 euro.
La vita di uno di voi vale 400 euro? E nell’attesa in cui si paga quell’odioso riscatto, com’era la vita nel lager?
Si mangia una volta al giorno, da bere acqua salata del mare, rinchiusi in locali senza poter vedere la luce del sole, tutti i giorni venivamo picchiati.
Quanto tempo sei rimasto prigioniero?
Solo 16 giorni, ma mi sono sembrati un anno, ho visto compagni di viaggio morire. Devo ringraziare mio padre che è riuscito a pagare in tempi brevi i miei aguzzini.
Tornato libero come ti sei organizzato?
In Libia ho trovato un disastro, tutti sapete delle guerre fra varie tribù ed etnie, guerra dappertutto, dalle parti Sebahin quel fine 2013. Si combatte per contendersi il petrolio. Facevo dei lavori che mi permettevano a stento di mangiare. Il più delle volte ho lavorato, ma non sono stato pagato. Ho rischiato di nuovo di essere fatto prigioniero, non si capiva con chi avevi a che fare, difficile distinguere il buono dal cattivo. Si viveva col fiato sospeso, spesso la notte facevano incursioni e incendiavano tutto dove erano concentrati gli africani. Un inferno.
Quanto tempo sei rimasto a Sebha?
Sei mesi. Dopo mi sono spostato in una cittadina vicina, Murzuch, ci sono rimasto solo una settimana poi sono tornato a Sebha, qui ho contattato gli scafisti che dovevano condurmi a Tripoli; non avendo soldi per il viaggio fino a Tripoli lo scafista mi ha detto che il viaggio lo potevo pagare dopo che, giunto a Tripoli un suo amico mi assicurava un lavoro. Trovato l’accordo siamo partiti alla volta di Tripoli ma anche questa volta il viaggio è stato avventuroso e irto di pericoli, due giorni di viaggio, soprattutto di notte, non sempre sul fuoristrada, spesso a piedi. Giunti alle porte di Tripoli l’autista ci ha fatto scendere dicendo che era pericoloso entrare in città, erano le cinque del mattino e mi sono preoccupato di nascondermi per evitare di essere preso a fucilate. Poi ho cominciato a cercare altri africani che mi potevano ospitare. Trovo un lavoro offerto da un libico il quale mi promette che mi avrebbe accompagnato dove vivevano altri africani; vengo messo a guardia di alcuni cammelli, ma ben presto mi accorgo che questo datore di lavoro è un delinquente per cui decido di scappare da lui. Durante la fuga incontro un africano del Mali e con lui ci si intende parlando in francese, costui mi conduce dove stavano altri africani, in questa nuova comunità mi sono integrato subito, si sta insieme, si scappa quando c’è un pericolo, ogni mattina ognuno si va a cercare da mangiare, per fortuna all’epoca in Libia tutto costava poco e con pochi soldi si riesce a trovare da mangiare. Un giorno viene uno scafista e ci dice che chi vuol andare in Italia può andarci con un gommone, chi non vuole andarci può ritenersi un uomo morto. Un paio di africani che avevano paura del mare hanno tentato la fuga, ma sono stati uccisi a fucilate.
Quindi siete partiti alla volta dell’Italia, che giorno era?
Se non ricordo male era il 4 maggio 2014, eravamo in 77 sul gommone, di cui 20 donne, una delle quali incinta, e qualche bambino, su un altro barcone sono partiti in 120.
Quanti giorni avete impiegato per l’attraversata?
Due giorni, siamo arrivati al limite delle acque internazionali e qui siamo stati trasbordati su un natante della Marina italiana, appena in tempo prima di annegare tutti perché il gommone si è bucato e siamo riusciti a svuotarlo di continuo in attesa dell’arrivo dei soccorsi.
Dove vi hanno fatto sbarcare?
Al porto di Catania dove siamo rimasti per tre giorni, poi ci hanno trasferito in aeroporto, qui ci hanno fatti partire in aereo per Livorno.
Quanto tempo sei rimasto a Livorno?
A Livorno ho preso il permesso di soggiorno e ci sono rimasto tre mesi e 18 giorni in un campo di accoglienza. Poi mi sono trasferito a Muro Lucano
Quanto tempo sei rimasto a Muro Lucano?
Ci sono rimasto circa 2 anni. Mi sono di nuovo messo a ricercare lavoro perché a me non piace, come fanno altri rifugiati, chiedere soldi alle persone. Da Muro Lucano, nel periodo estivo del 2015, mi spostavo nella zona di Foggia per la “campagna” del pomodoro, dalla piantagione fino alla raccolta, quasi sei mesi, facendo andata e ritorno da Muro a Foggia varie volte perché ogni mese si deve firmare presso il centro di accoglienza che mi ospitava, sono stato pure impegnato nella raccolta della frutta, in tutto questo periodo ho ricevuto solo 900 euro di paga.
Circa 150 euro al mese? Com’è possibile?
Nel foggiano mi pagavano 2,70 euro all’ora, qualche altra volta 3 euro all’ora, altre volte mi pagavano 3 euro per riempire un cassone di pomodori di 2 quintali, lavorando dalle 5 di mattina fino alle 21 o anche le 22 di sera…
A parte sicuramente dovevi pagare il “caporale”….
Loro dicono che prendono solo 5 euro per accompagnarci sui campi, invece nel caso in cui alcuni “padroni” pagano un po’ di più di altri, circa 3,50 euro all’ora, ai caporali bisogna versare 50 centesimi ad ora oltre ai 5 euro per il viaggio.
Quindi oltre alle spese di viaggio i “caporali” applicano una tangente di 50 centesimi per ogni ora di lavoro… invece per dormire?
Stavo nel famoso “ghetto” alla periferia di Foggia, la mega baraccopoli incendiata l’anno scorso.
Quanto hai resistito?
Una sola stagione, poi sono tornato a Muro Lucano e ho trovato un lavoro da boscaiolo, 12 ore di lavoro, dalle sette di mattina fi no alle sette di sera, per 25 euro al giorno
Poco più di 2 euro all’ora, meno di quanto prendevi a Foggia nella raccolta di pomodori…
Però mi passava da mangiare, un panino al giorno.
Ovviamente tutto lavoro in nero…
Si, in nero come me…. Poi all’improvviso ha cominciato a non pagare più e ancora oggi aspetto che mi finisca di pagare …
Gran “signore” questo imprenditore di Muro Lucano, quindi hai abbandonato questo pseudo lavoro per farne un altro, vero?
Per una settimana ho lavorato alle dipendenze di un giostraio, eravamo a Matera, lavoro molto pesante, concordiamo una paga di 150 euro a settimana e il mangiare a spese del giostraio, al momento di pagare il giostraio si rimangia la parola e dimezza la paga concordata.
Praticamente hai avuto una paga di 10 euro al giorno, meno di 2 euro all’ora, peggio della raccolta dei pomodori. Ovviamente hai lasciato subito questo lavoro….
Non potevo fare diversamente, son dovuto tornare a Muro Lucano dove non riuscivo a trovare lavoro e sono rimasto in attesa dei documenti per avere il permesso di soggiorno che vale per 5 anni, avuti i documenti il 6 giugno dell’anno 2016 sono partito per la Spagna dove per 4 mesi ho lavorato facendo il contadino, con i documenti in ordine grazie all’interessamento dell’avv. Giovanna Di Chiara.
Dopo questi 4 mesi in Spagna dove ti sei spostato?
Sono stato chiamato dall’avv. Di Chiara per invitarmi a tornare in Italia, le dissi che non volevo più stare in un centro di accoglienza e lei mi disse che c’era un centro di accoglienza per minori che aveva bisogno di un “mediatore culturale”, quella figura che si occupa di facilitare la comprensione della lingua fra soggetti di cultura diversa. Accetto. Prendo l’aereo da Barcellona per Napoli, vado a Potenza da qui vengo condotto a San Fele dove inizio a lavorare con i ragazzi ospiti del Centro ed i primi tempi ho vissuto con loro. Poi ho preso in fitto una casa dove ancora oggi ci vivo, ma ho problemi per tirare avanti perché il lavoro è diminuito e i 600 – 700 euro di stipendio non bastano per pagare il fitto, le utenze e le spese per mangiare, per questo sono alla ricerca di un altro lavoro.
Se lo incontrassi, cosa diresti a Matteo Salvini?
Non condivido che i ragazzi di colore viaggiano senza biglietto sui mezzi pubblici, io non l’ho mai fatto, per tutte queste cose io do ragione al ministro Salvini, ma lui non può assimilare a costoro tutti gli africani, non parlo solo di me, ci sono tanti ragazzi, la maggioranza, che sono rispettosi delle regole del paese che ci ospita: non andiamo a rubare o spacciare droga, non violentiamo le donne, io non bevo, non fumo non faccio niente. Quindi ministro Salvini queste persone, anche se sono venute con un gommone e non con un viaggio munito di regolare passaporto, vogliono restare in Italia perche io e molti come me abbiamo fatto di tutto, ho cercato sempre un lavoro ed attualmente non sto sulle spalle di nessuno perché mi mantengo col poco che riesco a guadagnare. Quando prendete un “nero” che spaccia, che ruba, che violenta le donne, non portatelo in galera qui in Italia ma portateli nel paese di provenienza. Stessa cosa nei confronti di coloro che pretendono di viaggiare sui bus senza biglietto, anche per loro rientro obbligatorio! Ma gli altri, no, non siamo tutti uguali.