pranzoGENERALEmusaHa lo sguardo vispo (tendente al furbo) e un marcato accento barese. Foggiano di nascita, 58 anni, il Comandante Regione Carabinieri Forestale “Basilicata” -il Generale di Brigata Antonio Danilo Mostacchi- si siede a tavola e ci racconta di essere stato concepito nella foresta umbra («Ma non lo scriva, eh»). Quando si dice il destino.


Come giustifica la sua esistenza?

Come ognuno di noi: cercando di dare corpo a sogni e bisogni, agli affetti; cercando di vivere una serena esistenza familiare, che è poi alla base di una libera e ordinata convivenza sociale.


Fino al 2016 lei era il Comandante regionale del Corpo Forestale; da circa un anno, in seguito alla riforma (che ha assorbito i Forestali nell’Arma), è comandante della Regione Carabinieri Forestale.
Prima avevo una qualifica di dirigente superiore, che è parificata al grado di generale di brigata, ruolo che rivesto oggi. In pratica, anche se l’abito non fa il monaco (sorride), abbiamo acquisito uno status giuridico militare, mentre prima eravamo dipendenti civili della pubblica amministrazione, all’interno del comparto sicurezza.


Ma lei si sente diverso dopo che, a questo punto della sua vita, è diventato Carabiniere?
Professionalmente no. L’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 177 del 2016, ha trasferito in toto i compiti del vecchio Corpo Forestale dello Stato ai Carabinieri, con una sola eccezione: adesso non ci occupiamo più della lotta attiva agli incendi boschivi e della direzione delle operazioni del loro spegnimento (oggi affi data al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco). Noi ci occupiamo delle prevenzione e della repressione del reato d’incendio boschivo.


Ma come cambia la vita di un civile che si ritrova militare a carriera ormai inoltrata?
Noi eravamo già un corpo armato e avevamo già un’organizzazione gerarchica, indossavamo un’uniforme, avevamo in dotazione materiali d’armamento e così via. Col passaggio all’Arma dei Carabinieri, i valori dell’obbedienza gerarchica e del rispetto dei superiori (che avevamo già) sono diventati “assoluti”. Indubbiamente, c’è stato chi –fra di noi- ha “impattato” maggiormente con questo cambiamento, e ha optato per il trasferimento ad altra amministrazione. In Basilicata, alcuni miei ex collaboratori, oggi lavorano al Ministero dei Beni Culturali o in Cancelleria al Tribunale. Inoltre, parte del nostro organico, ope legis, in base a incarichi, ruoli e uffici di appartenenza, è transitata nei Vigili del Fuoco, nella Polizia di Stato e nella Guardia di Finanza. In 7600, circa, sono rimasti nell’Arma.


In Basilicata i Carabinieri Forestali di oggi sono di più o di meno rispetto alle “Guardie Forestali” di ieri?
Circa 50 unità in meno. Tuttavia, il Comando Generale dell’Arma ci ha assegnato diciassette nuovi carabinieri e cinque nuovi marescialli, quindi il divario si è ridotto. In regione abbiano 53 uffici territoriali (Stazioni Forestali) e 17 Stazioni Parco riferibili ai Reparti dei Parchi Nazionali (Val d’Agri-Lagonegrese e Pollino). In più, sul nostro territorio insiste il Reparto Carabinieri Biodiversità, da cui dipendono due nuclei (a Metaponto e ai Laghi di Monticchio).


Fra i vostri compiti c’è: “tutela forestale, tutela dell’ambiente, politiche agricole e alimentari e tutela della biodiversità e dei parchi”. In Basilicata, quale di questi compiti la “impensierisce” di più?
L’aspetto più importante è quello della tutela del patrimonio forestale; nella nostra attività di controllo riscontriamo e sorprendiamo spesso attività illecite, come furtidi piante nei boschi.

 

Furti di piante?
Proprio nei giorni scorsi, il comando stazione di Matera ha colto in flagranza alcuni immigrati non comunitari nell’atto di tagliare furtivamente -presso la diga di San Giuliano- dei rami di lentisco. Questi ultimi sarebbero stati oggetto di spedizione in Versilia per la decorazione ornamentale di alcuni negozi che si occupano della vendita di fiori e composizioni floreali. In un territorio come quello di Matera, caratterizzato dai calanchi, queste piante garantiscono la difesa del suolo dal dissesto idrogeologico, a volte determinato anche dalle intense precipitazioni. In una terra come la Lucania, per il 95% collinare e montana, se si va a distruggere il patrimonio forestale che tiene salde le pendici, si va incontro a eventi franosi e a calamità naturali.


Questi furti sono prevalentemente opera di gente di fuori o anche di Lucani?
Dipende. A volte questi furti e tagli avvengono anche per esigenze domestiche (la legna da ardere, con la riscoperta della cucina domestica tradizionale), altre volte, invece, vengono raccolte grandi quantità da commercializzare, o da trasformare in pellet. Capita anche che questi furti siano commissionati da terzi: ci sono delle indagini in corso a proposito di infiltrazioni della criminalità organizzata proveniente dalla limitrofa Calabria. Grazie alla capillare distribuzione dei nostri presidii, e grazie al pattugliamento, svolgiamo una grandissima attività di prevenzione. Il nostro organico ci permette di effettuare un’attività che va dalle 7 la mattina fino alle 21 della sera. Non si può pensare di mettere per ogni albero un agente a controllarlo, però fin dall’età scolastica bisogna elevare la cultura della tutela ambientale nei cittadini.


Nel 2017 ne sono stati contestati 2002: quali sono gli illeciti amministrativi più ricorrenti?
A volte ci sono tagli autorizzati che però non hanno rispettato le prescrizioni tecniche; oppure pratiche agricole in cui non vengono rispettate le precauzioni atte a evitare incendi per cause colpose, come nel caso della bruciatura delle stoppie. L’illecito diventa penale quando si entra nel campo degli incendi boschivi.


Addirittura si registra un aumento del 317% di incendi boschivi, rispetto al 2016: è dipeso solamente dalle temperature più alte?
Diciamo in gran parte. La stagione climatica è stata eccezionale. Nel 2017 si è passati da 69 casi a 288. La Basilicata, rispetto alla Campania, alla Calabria e alla Puglia, mantiene comunque dei valori contenuti (solo nella provincia di Cosenza ce ne sono stati oltre 1000). Certo, in questo primo anno si è registrata qualche difficoltà a coordinare le attività di spegnimento tra i vigili del fuoco, gli enti parco e le associazioni di volontariato, chiamati a svolgere un’attività che prima avveniva sotto la guida saggia ed esperta dei Forestali. In regione, dal canto nostro, abbiamo puntato molto sulle attività di prevenzione: ogni giorno girano le cosiddette unità radio mobili del servizio ambientale del 1515 a cui tutti possono rivolgersi per denunciare e segnalare. I cittadini, sono quindi le prime “sentinelle verdi” sul territorio.


Dai dati in nostro possesso emerge che c’è stato un incremento di persone controllate e di illeciti contestati, bensì a fronte di una diminuzione delle persone denunciate e degli arresti. Cosa vuol dire?
E’ una conseguenza dell’intensa attività di controllo e prevenzione: meno arresti e meno denunce. Tutto questo è stato possibile grazie allo straordinario impegno dei nostri uomini, nonostante i sei mesi passati a svolgere il complesso processo di “militarizzazione”. E così, sgravati dall’impegno dello spegnimento degli incendi boschivi, abbiamo potuto svolgere un’attività di polizia più incisiva sul territorio. Ritengo anche che sia cresciuta la consapevolezza ambientale del popolo Lucano: si è capito che il territorio -se salvaguardato- diventa e produce ricchezza (turismo naturalistico, ma anche attività imprenditoriali di escursionismo e di agriturismo). Siamo comunque consapevoli che si può fare di più e ci stiamo già attrezzando: gli incendi boschivi non sono “un’emergenza”, ma un fenomeno, il cui contrasto è una responsabilità che fa capo alla Regione, che per legge deve redigere il piano regionale antincendio boschivo, al quale concorrono tutte le altre istituzioni, compresi i Vigili del Fuoco.


La presenza dei pozzi di petrolio in Basilicata ha un qualche peso sulle vostre attività?
I carabinieri forestali non sono direttamente interessati dal punto di vista delle indagini, che sono affidate al NOE.


Cambiamo argomento. Su Internet ho scoperto che c’è un Antonio Danilo Mostacchi, giudice internazionale di gare di ciclismo.
Sono io (ride). Sono arbitro della federazione ciclistica italiana e di quella internazionale.


Come nasce questa passione?
Ho praticato il ciclismo fino all’età di 18 anni e 19 anni ho fatto il corso da giudice di gara. Sono oltre trent’anni che lo faccio.


Se ci fosse una gara ciclistica di bellezza tra le regioni, la Basilicata che “maglia” avrebbe?
Mia moglie, che è cartaginese e che ha girato tutta l’Italia, la definisce la regione più bella d’Italia. Io sono pugliese (li si mangia bene ed è una culla gastronomica), ma la Basilicata è la culla della bellezza del paesaggio nazionale: non ha un’eccessiva densità demografica ed è stata meno antropizzata di altri territori. A volte si possono percorrere chilometri e chilometri, indisturbati, e ammirare un paesaggio meraviglioso, una terra ricca d’acqua, laghi, torrenti, ma anche di castelli. È una regione ricca di storia, crocevia di diverse culture. Tutti quanti dobbiamo fare la nostra parte per salvaguardarla, anche e soprattutto i giovani.


Il libro che la rappresenta?
Il “Cuore” di De Amicis.


Il film?
“Balla coi lupi”. Nell’attività professionale, “predico” sempre ai miei uomini «Competenza, cortesia, rispetto e tanta professionalità».


La canzone?
Fino al 2013, avrei detto “Io vagabondo”, dei Nomadi. C’è un motivo: ero un single dichiarato, poi ho conosciuto mia moglie… che mi ha profondamente cambiato.


E adesso?
Il mio mito è la famiglia.


Tra cent’anni cosa vorrebbe fosse scritto sulla sua lapide?
Bah, non sono un eroe nazionale. Sono solo un cittadino che ha cercato di servire al meglio il suo Paese.