- Walter De Stradis
- Sabato, 17 Febbraio 2018 11:06
La stratosferica media gol del bomber brasiliano (ma con origini italiane) del Potenza Calcio è cosa nota, così come anche la sua storia particolarissima, che lo ha visto tornare letteralmente a nuova vita dopo un tumore alla schiena che avrebbe azzerato la carriera di chiunque. Carlos França, 38 anni, ha la dentatura tipica dei campioni brasiliani (come i vari Ronaldo, il portoghese compreso), ma soprattutto è prodigo nello sfoggiare un sorriso genuino e sereno, sia quando partecipa come “guest star” alle feste di compleanno dei bambini della città, sia quando parla di Gesù a studenti, giornalisti e a tutti quelli che hanno voglia di ascoltare.
Come giustifica la sua esistenza?
La mia ragione di vita, dopo aver conosciuto Gesù e aver iniziato un rapporto intimo con Lui, è quello di trasmettere il Suo amore e portare le persone da Lui.
Ha usato il termine conoscere...
Uso questo termine perché l’ho conosciuto veramente solo nel 2007, dopo il tumore alla schiena. Dopo l’intervento, quando mi sono reso conto dei problemi importanti, non avevo più forza e non sapevo più come andare avanti. Il mondo mi è crollato addosso, insieme a tutti i miei sogni. Allora ho cominciato questo percorso grazie a mia moglie, che mi aveva sempre parlato di Gesù, quando io non ne volevo sapere. Da quel momento, però, ho scelto di affrontare tutti i miei problemi con Lui. Ho capito il Suo messaggio, presente nel Vangelo, che è quello della salvezza. Da allora, cerco di trasmetterlo agli altri.
Di che zona del Brasile è originario?
Sono di Jaguaruna, nello stato di San Paolo.
È una zona cittadina?
È una città molto simile a Potenza, i monti non sono così alti, ma è una regione con molto verde, circondata da tre fiumi che passano attraverso la città. Qui mi trovo bene anche per questo motivo.
La sua famiglia d’origine di cosa si occupava?
Mia mamma è stata ed è una grande lavoratrice, da quando aveva 14 anni. Era impiegata in una fabbrica di reti da pesca. Ha continuato a lavorare anche dopo la pensione. Mio papà è scomparso tre anni fa. Era chimico industriale, ma aveva la passione per il calcio (ha allenato anche per due anni nei professionisti, ma poi ha avuto un problema al cuore). Anche lui dopo la pensione, sentiva il bisogno di lavorare per non far mancare nulla alla famiglia.
Ha detto che la sua città di origine è simile alla nostra. Cos’è che le piace di Potenza e cosa invece non le piace?
Per la verità, avendo vissuto gli ultimi sei anni in posti di mare (5 anni in Liguria e uno a Trieste), il primo impatto non è stato dei migliori. Arrivati qui, ci siamo beccati tre giorni di pioggia, così ci siamo detti: «Ma dove siamo finiti?!». Poi sono andate via queste nuvole e abbiamo visto che Potenza era bella… poi, adesso, guardare questo paesaggio con la neve … è stupendo.
Qui vive con la sua famiglia?
Sì, con mia moglie Camila, Gianluca di sei anni e Giulia di quattro anni.
Loro come si trovano?
Loro sono più italiani che i brasiliani, e mia moglie si trova bene. È stata coinvolta anche lei nel calcio femminile del Potenza.
Anche lei gioca nel Potenza?
Già. Prima era stata “ingaggiata” come dirigente, per creare la squadra femminile che non c’era, poi l’hanno convinta proprio a giocare. Adesso infatti si sta allenando, anche se erano tantissimi anni che non giocava.
Anche Ronaldo aveva la moglie che giocava a calcio…
Sì, la sua prima moglie (Miele Domingues – ndr). Tra l’altro Camila ha giocato con lei. Non so se esistono tanti calciatori sposati con una calciatrice. Per me è un vantaggio, perché lei stravede per il pallone e non si lamenta di andare allo stadio, di andare in trasferta.
Ogni tanto la critica?
Ogni tanto??? Sempre!!! (risate)
Cosa c’è nel suo futuro? E’ legato al Potenza?
Il mio futuro appartiene a Dio (sorride). Ora sono concentrato a finire bene il campionato… poi il presidente mi vorrebbe per un altro anno.
Come calciatore?
Abbiamo un accordo, per farmi giocare un altro anno. Salendo di categoria, questi accordi ovviamente non valgono, però ciò che conta è quello che ci siamo detti. Faremo il punto della situazione per capire le intenzioni della società.
Ha seguito il corso da direttore sportivo: si profila per lei un ruolo nella società?
Non ho tantissimi anni da giocare ancora, e perciò inizio a prepararmi per qualcosa che potrà venire dopo. Vediamo cosa succede.
Non mi ha detto però che cosa non le piace della città...
All’inizio non mi piaceva il fatto di non trovare parcheggio, ma adesso lo trovo e quindi … (Ride) non ho grossi problemi a Potenza.
Ha anche la cittadinanza italiana?
Sì, dal 2005.
Quindi può votare?
Io voto.
È inutile che le chieda chi voterà...
A casa mia ci sono già due voti per Caiata. (Ride)
Quando il presidente ha pensato di candidarsi in politica, vi ha chiesto un’opinione?
No, è stata una scelta sua personale. Io posso soltanto incoraggiarlo sempre di più, sostenere questa sua scelta, perché sa quello che sta facendo.
Non ha paura che una volta eletto, possa trascurare il Potenza?
Non lo farebbe mai. Ovviamente dovrà gestire il suo tempo, ma lui è un grande gestore delle cose, perciò non mi fa paura, anzi, credo che sarà una cosa buona anche per il Potenza.
In merito alla candidatura di Caiata “non c’è nulla da temere”, ma -venendo al campionato- c’è qualcosa che le fa paura o di cui il Potenza dovrebbe aver paura?
Paura? No, non c’è niente che mi faccia paura. Dobbiamo nutrire il massimo rispetto per tutte le squadre che affronteremo, e lavorare su di noi per mantenere questo vantaggio. Nel calcio può succedere di tutto –e spesso lo abbiamo visto- per questo dobbiamo rimanere concentrati e avere più voglia di prima. L’errore che non dobbiamo fare è mancare di umiltà, vantandoci di qualcosa che non abbiamo ancora ottenuto. Né, tantomeno, dobbiamo farci prendere dall’ansia. I tifosi, dal canto loro, stanno facendo un lavoro splendido, sin dall’inizio. Ad Altamura ci hanno dato una grossissima mano: io mi sono sentito orgoglioso e grato, perché non ho mai visto così tanta gente muoversi al seguito di una squadra. Forse è una cosa da serie A. E sono convinto che continueranno a farlo.
Nutre un qualche rammarico a proposito della sua carriera?
No, anche perché vedo tutto come un regalo dall’Alto. Anche le cose non belle, alla fin fine, si sono rivelate a mio favore. Se mi chiedo cosa sarebbe successo alla mia carriera se a vent’anni avessi avuto l’esperienza di adesso, che ne ho 38, mi rispondo che magari non sarebbe cambiato nulla. Pertanto, non ho questo tipo di pensieri.
Lei ha riscoperto Gesù dopo un’esperienza di sofferenza, ma è giusto “conoscere” Cristo solo dopo episodi del genere?
No! Anche se si dice che a Dio si giunge attraverso l’amore o il dolore, quello che io vorrei trasmettere alla gente è che non bisogna aspettare di soffrire per arrivare a Gesù, ma che bisogna scoprirlo molto prima, attraverso l’amore. Tutti noi abbiamo le nostre difficoltà, tutti abbiamo un vuoto dentro, ma soltanto Dio può riempirlo. Se non si capisce questa cosa, passeremo la nostra vita a cercare di riempire il vuoto con mille altre cose sbagliate, che al massimo potranno procurarci felicità e benessere temporanei. Quel che provo io adesso, invece, è un benessere completo.
Lei è cattolico o è seguace di qualche confessione particolare?
Io non professo nessun tipo di religione. Sono un cristiano. Le persone devono andare a Gesù, e non a una religione. Cristo stesso non ha istituito alcuna religione, bensì la sua Chiesa, che altri non è che il popolo di Dio.
E quindi, ad esempio, il suo rapporto col Papa…?
Lo vedo come il leader di una religione, quella cattolica. In quanto tale, nutro il massimo rispetto per lui. Tutto qui.
Spesso si è letto di episodi di pedofilia, in ambito cattolico, che sarebbero avvenuti proprio in Sudamerica. Qual è la sua opinione in merito?
Purtroppo queste cose esistono, e la gente rimane particolarmente delusa perché sono atti commessi da persone in cui avevano riposto tutta la loro fiducia. Detto questo, siamo tutti esseri umani, tutti peccatori e tutti quanti esposti agli errori. Pertanto, l’unico in cui dovremmo porre la nostra fiducia al 100% è Gesù.
Un dilemma atavico fra i credenti: il Diavolo esiste davvero o è solo qualcosa dentro le persone?
Certo che esiste davvero! Ma guardi, la Bibbia -che è la parola di Dio- parla di Satana come entità esistente, come capo dei demoni. Mi capita spesso di parlarne agli incontri. I primi tre libri della Bibbia raccontano di Lucifero, di come era stato scagliato via dal Cielo insieme a un terzo degli angeli, a lui fedeli. Il nostro errore è proprio quello di non credere al Male. Il sovrannaturale esiste, così come il naturale: sono due dimensioni diverse, ma che esistono contemporaneamente.
Secondo lei qual è la tentazione più pericolosa che il Diavolo oggi sottopone ai nostri giovani?
Lo scopo principale del Diavolo è quello di allontanare le persone dal Signore. Per questo fine, usa tutte le strategie di questo mondo. Sono i suoi attrezzi da lavoro.
Mi viene in mente quell’ex giocatore di Inter e Milan, Taribo West, che adesso fa il predicatore nel Nord Italia. Ha mai pensato a un futuro del genere?
No, perché già quello che faccio adesso -usare la visibilità che mi dà il calcio per parlare alle persone- lo intendo come una missione.
Ronaldo, il suo conterraneo, lo chiamavano “l’extraterrestre”. Lei ci crede?
Agli alieni? No.
Ma gli “extraterrestri” nel calcio ci sono ancora?
Certo: Messi, Cristiano Ronaldo…
Un giocatore sopravvalutato, invece?
Ce ne sono diversi, ma più che altro, sono spropositati i soldi e gli ingaggi che oggi girano nel calcio. Addirittura surreali. E’ vero che uno deve essere pagato in base al suo valore, ma oggi mi sembra che i soldi siano la ragione di tutto.
Il film della sua vita?
“La Passione di Cristo”.
Lo sa che è stato girato qui vicino, a Matera?
Sì, ma non ci sono mai andato. Mi manca il tempo, magari in gita a Pasqua…
Il libro?
La Bibbia.
La canzone?
“I can only imagine” dei MercyMe, un gruppo gospel rock.
Fra cent’anni cosa vorrebbe ci fosse scritto sulla sua lapide?
Fra cent’anni? Io vorrei essere ancora vivo!