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di Walter De Stradis

 

 

 

«E’ la Via Crucis più antica della Basilicata, risalendo al XVII secolo. Nel 1983 è stata rappresentata a Roma davanti a papa Giovanni Paolo II, oggi santo. Ma la Sacra Rappresentazione del Venerdì Santo a Barile non è una questione di record o prestigio: è tradizione, religiosità popolare».

Mentre leggete queste parole, riprese dal sito dell’Apt, la Processione si sarà già svolta (venerdì 18 aprile, ieri per chi legge - ndr), ma -considerando la profondità dell’impronta religiosa, culturale e antropologica dell’evento- noi ci siamo recati a Barile nel pomeriggio di mercoledì scorso, ove -praticamente senza preavviso- siamo riusciti a intercettare il sindaco, Antonio Murano, accompagnato dalla signora Angela D’Andrea, che presiede il Comitato organizzatore. Il terzo “attore” , ovvero il parroco (Don Davide Endimione), non era in sede, bensì impegnato a Melfi, come ci è stato detto in parrocchia.

Il pomeriggio era di quelli uggiosi, ma l’atmosfera generale era -comprensibilmente- piuttosto febbrile.

«La nostra Via Crucis del Venerdì Santo è la rappresentazione più antica della Basilicata, nata nel 1600 -ci spiega il Primo Cittadino, seduti attorno un tavolo del “Bar Sport”- Un rito che si ripete da allora, di anno in anno, con il coinvolgimento di tutta la comunità, che vi partecipa in maniera solenne. La Sacra Rappresentazione si rifà alla nostra tradizione, alla cultura Arbëreshë, ed è caratterizzata dalla presenza di oltre centoventi personaggi che partecipano alla Via Crucis».

d - Un momento di unità per il paese, sindaco, ma non solo, essendo attesi anche molti turisti.

r - Sì, come avviene ogni anno.

d - Di quanti visitatori possiamo parlare, in media?

r - Credo che siamo intorno ai tremila/tremila e cinque. E’ coinvolto tutto il territorio, ma non solo, poiché vengono anche dalle regioni limitrofe. Il che ci porta ad attrezzare delle aree, ad esempio, per coloro che arrivano con i camper e quant’altro. Alcuni infatti arrivano già dal giovedì, in attesa della Processione del giorno successivo.

d - Un evento religioso, ma anche turistico dunque. In certi casi, si sa, bisogna stare anche attenti a non mischiare il “sacro” col “profano”.

r - Certo. Tuttavia, la gente che arriva sa di giungere in una terra che ha un’antica vocazione, che è quella del vino Aglianico. Pertanto ci sono anche questo tipo di tradizioni da considerare.

d - Quindi il turista cosa si aspetta di trovare?

r - Innanzitutto una comunità ospitale, aperta a tutti coloro la vogliano visitare. Poi ci sono tante aziende agricole, che producono quell’eccellenza, il “principe” del nostro territorio (il vino Aglianico); ci sono anche tanti frantoi, che aprono le porte ai nostri visitatori. Il turista può dunque recarsi in queste cantine e frantoi e degustare i prodotti della nostra comunità. Senza contare i ristoranti, che cucinano il nostro “Tumact me tulez”, il piatto più antico della nostra tradizione Arbëreshë. Si tratta di tagliatelle con alici e mollica di pane: un piatto “rosso” che va gustato, naturalmente, assieme all’Aglianico.

r - (ANGELA D’ANDREA) Il nostro punto di forza è la comunità intera. La processione rissale al 1600, periodo in cui gli albanesi si trasferirono in questo territorio, fuggendo a seguito dell’invasione turca. La comunità, in vista di questo evento, inizia a unirsi già da ottobre, periodo in cui si avviano le iscrizioni. Il personaggio della “zingara”, come ben sa, è piena di oro, che viene prestato integralmente dalla comunità di Barile.

d - Quindi tutto quell’oro “torna indietro” di volta in volta?

r - (ANGELA D’ANDREA) Per forza! Il personaggio cambia ogni anno e io cerco di accontentare tutte le ragazze che mi chiedono di interpretarlo.

d - Quindi non accade come a Potenza, ove al prospettato cambio del figurante di “Civuddina” (personaggio della Parata del Turchi – ndr) , c’è stata una specie di insurrezione popolare!

r - (ANGELA D’ANDREA) Qui cambia ogni anno, anche perché la tradizione è proprio quella: dare a tutti la possibilità di partecipare e di esprimere il proprio sentimento e la propria religiosità. La zingara è un personaggio della cultura popolare, che nasce sempre dalla tradizione Arbëreshë.

d - In un momento storico in cui la fede -in Italia è nel mondo- è forse ai minimi storici, qui a Barile, affluenza, partecipazione e intensità della Via Crucis rimangono invariati? Mi riferisco soprattutto ai giovani.

r - (ANTONIO MURANO) Non registriamo alcuni tipo di “distacco”, anzi, ci sono molti giovani che, pur avendo interpretato i personaggi, tornano puntualmente a chiedere di rifarli.

r - (ANGELA D’ANDREA) Tenga conto che, a parte l’affluenza dei concittadini e dal circondario, noi riceviamo richieste da parte di barilesi che vivono a Torino o a Milano, e che vogliono partecipare; io cerco di accontentarli, perché con loro giungono anche amici e parenti.

d - E’ chiaro che per Barile questo è l’evento “clou” dell’anno. In questo periodo, ma anche d’estate, questi nostri paesi si ripopolano. Tuttavia, signor sindaco, rimante tutto il resto dell’anno in cui fare i conti con lo spopolamento, ovvero con la “fuga dei giovani”, che sempre più riguarda anche genitori e nonni che li raggiungono.

r - La Lucania deve purtroppo vincere una grande sfida che è proprio quella dello spopolamento. Perché, come diceva lei, non vanno via soltanto i figli, ma anche i genitori, nel momento in cui non hanno più un legame affettivo nella comunità. Dal canto nostro, facciamo tutto il possibile affinché questa comunità sia sempre viva e attenzionata sotto vari aspetti. Una grande mano ce la diamo reciprocamente con le tante e diverse associazioni presenti, e con le quali ci confrontiamo spesso proprio per programmare iniziative, nel corso dell’anno, sempre legate alle nostre tradizioni e alle nostre storie. C’è ad esempio l’associazione Intercultura, composta da alcune signore che si occupano di canti e balli popolari; c’è l’antica tradizione di San Giovanni, che si celebra il 24 giugno: il Battesimo delle Bambole, anch’esso accompagnato dai canti Arbëreshë. Poi, naturalmente, d’estate abbiamo -tra gli altri- il grande evento di “Cantinando”, giunto alla tredicesima edizione, che si svolge nel Parco Urbano delle Cantine.

d - Lì dove, praticamente, Pasolini girò alcune scene de “Il Vangelo secondo Matteo”, uno dei film più importanti della storia del cinema italiano. Mi chiedo: la politica regionale che tipo di mano dà a piccoli comuni come il vostro affinché possano “resistere” e valorizzare patrimoni (come nel caso pasoliniano) che non tutti hanno? Insomma, gli Americani in cerca di location, potrebbero venire di tanto in tanto anche qui, e non solo a Matera…

r - E’ chiaro che anche la politica regionale ha le sue difficoltà, perché le risorse sono quelle che sono. Nel lontano 2015 candidammo -con successo- “Cantinando”, la Sacra Rappresentazione e il piatto “Tumact me tulez” tra i Beni immateriali della Regione Basilicata. Pertanto, possiamo dire che da parte della Regione è riconosciuta a una valenza a questi eventi, che non sono certo improvvisati, e che non si caratterizzano solo come comunità, ma anche come territorio, nel senso più allargato. Probabilmente, dovrebbe esserci però una maggiore attenzione sotto l’aspetto culturale.

d - Il presidente Bardi ci è mai venuto?

r - Sì, l’anno scorso lo abbiamo avuto dietro la nostra Processione. E non solo lui. Devo dire che a livello regionale seguono queste iniziative.

d - Gli avete detto/chiesto qualcosa?

r - Di guardare al valore di questa Processione, che non è solo simbolico, storico e culturale, ma incarna una sentita partecipazione di questa comunità. Con altre ventisette città d’Italia abbiamo sottoscritto un protocollo d’intesa; abbiamo candidato questa nostra Processione -insieme ad altre- a Patrimonio Unesco. Siamo alle battute finali e c’è concreta speranza di raggiungere questo traguardo. Pertanto, dicevamo al presidente Bardi che in Basilicata c’è sì la Madonna di Viggiano, santa partrona regionale; c’è sì la Madonna della Bruna, ma c’è anche la nostra Sacra Rappresentazione, che è un grande valore della nostra regione.

d - Esiste, a suo avviso, una “via Crucis” che i lucani vivono giorno per giorno?

r - Credo che i Lucani siano un popolo silente, molto tenace, che ha la forza di superare anche le difficoltà e di reagire quando se ne presenta la necessità.